The Black Pearl Preview it-IT
I primi nove discorsi:
1 Figlia: [sconvolta] Che terribile faccenda! Mio padre, brutalmente ucciso. Come farò mai? E chi si occuperà di me? [sospirando, più calma] Ma grazie, cari amici di essere venuti. Col vostro aiuto getteremo luce su questo orribile omicidio, che ieri pomeriggio si rubò la vita di papà, e sconvolse la mia.
Ordunque. L’ultima volta che lo vidi vivo fu ieri poco dopo pranzo, quando se ne andò alla sua ‘cabina’. Era così che chiamava la capanna di legno sul prato, su dalla scogliera in cima all’isola. Ha un pavimento, un tetto, e tre pareti. La parete davanti è stata lasciata completamente aperta, sì che papà potesse godersi la vista sul prato, e respirare l’aria del mare. Molte furono le ore che trascorse lì, era il suo passatempo preferito. Tra l’altro l’avevamo rifatta da poco, quella vecchia stava diventando troppo scricchiolante.
Ad ogni modo, fu alla cabina che papà si diresse ieri dopo pranzo, saranno state più o meno le 14.45 quando lo vidi partire. E poi … e poi … la volta successiva che lo vidi, era coperto di sangue, con gli occhi sbarrati, recanti ancora lo sguardo di terrore che rivolse al suo assassino. Io … io … [singhiozzare per il dolore]
2 Barcaiolo: [interrompere, consolante] Povera Violetta, è vero: il comandante aveva gli occhi vitrei come due bottiglie di rum – roba che, a vederla, avrebbe costretto anche un santo a consolarsi bevendo. E io, che un santo non sono, ci ho bevuto su a lungo. Ma non preoccuparti, Violetta, ora non può più soffrire.
Come tutti sapete, io ero il barcaiolo e giardiniere del comandante. Vivo sulla terraferma, ma quasi tutti i tramonti mi trovano ancora qui sull’isola, sempre al lavoro.
Il racconto di Violetta collima con i miei ricordi. Ieri nel primo pomeriggio stavo togliendo le erbacce dall’orto accanto alla casa, e da lì si intravede il sentiero che porta su alla cabina. Il povero comandante mi gridò un saluto mentre passava, e non ho dubbi che fosse lui. Saranno state, appunto, più o meno le 14.45. Alle 19 venni chiamato dalle grida, quando Violetta trovò il cadavere [rabbrividire].
3 Duchessa: [con fare altezzoso] Ahem! Salute a vossignorie. Come loro già sapranno, sono la duchessa d’Urbigny, moglie del governatore in queste terre per conto delle loro serene maestà.
Arrivai sull’isola verso le 15.30, portata dal mio battello. Lo rispedii subito indietro, sapendo che per il ritorno sarei potuta avvalermi del bravo barcaiolo [puntare]. Ero venuta a trovare il comandante, poiché un tempo era stato così gentile da concedermi un piccolo prestito, verso cui ora volevo fare una restituzione, come già diverse volte in precedenza.
Nella casa trovai Violetta e il capitan Vacillo [puntare], da cui appresi che il comandante era salito alla cabina. Così prendemmo tutti un tè, aspettando il suo ritorno.
[schizzinosa] Ad essere sinceri, i biscotti erano tendenti al secco, e i mobili sembravano non erano stati spolverati da almeno una settimana. Per non dire -
4 Capitano: [interrompendo, con sarcasmo] Certo, certo. Come non ricordare che ieri pomeriggio vostra altezza ci disse queste e molte altre cose, con un’eloquenza che avrebbe fatto invidia a Cicerone e colleghi?
Il mio racconto è semplicissimo. Arrivai sull’isola qualche minuto prima della duchessa, con la mia barca a remi. Un po’ d’esercizio mi è sempre piaciuto, ed ero venuto per il mio appuntamento settimanale con il comandante, anche se stavolta ero un po’ in anticipo.
Trovai Violetta che stava lavando i panni in cucina. Siccome mi spiegò che il comandante era su in cima alla scogliera, mi fermai a chiacchierare con lei, e poco dopo arrivò la duchessa.
Alle 16.30 il comandante non era ancora tornato, così Violetta suggerì che andassimo tutti e tre su a cercarlo. A passo rilassato, ci si impiegano una ventina di minuti. Arrivati che fummo, trovammo il prato orrendamente inzuppato dalle recenti piogge. Peggio del ponte di una nave in piena tempesta! Siccome nessuno aveva voglia di infangarsi come un porcello, non arrivammo fino alla cabina. Ma non ce n’era neanche bisogno: si vedeva a distanza che era completamente vuota. Chiamammo forte -
5 Duchessa: [con fastidio] Sì, il capitano ha proprio una voce da ponte di comando.
6 Figlia: [seccata] Ehm, come si diceva, chiamammo, ma non ricevemmo risposta. Quindi ce ne tornammo giù a casa, immaginando che papà se ne fosse andato a fare quattro passi da qualche parte, e che sarebbe tornato tra breve. Poi io suonai il clavicembalo, accompagnando la bella voce baritonale del capitano, che si cimentava in canti di mare. Questi, però, risultarono troppo potenti per l’orecchio sensibile della duchessa, che si ritirò nel salottino ad aspettare l’arrivo di papà. [maliziosa:] Chissà dove stava la mia carissima zietta mentre accadeva tutto ciò … ?
7 Sorella: [irritata] Attenta Violetta, e vacci piano con le insinuazioni. Se sono io l’assassina sarà meglio non offendermi, no?
Dunque, la mia storia ha inizio nei lontanissimi giorni della mia sospirata giovinezza. Il Comandante – che io chiamavo Ligorio – era mio fratello, ritrovato dopo anni e anni. Venimmo separati l’una dall’altro mezzo secolo fa nel corso di un terribile naufragio, quando eravamo ancora ragazzi. Era tutta la famiglia che avevo, e credevo di averlo perso per sempre.
Ma il fato volle che andasse diversamente. Alcuni mesi fa, gironzolando in un mercato delle pulci a Bilbao, vidi un medaglione che mi sembrava vagamente familiare. Aprendolo, vi trovai dentro un ritratto di me stessa, alla tenera età di dieci anni. Così scoprii che, forse, anche mio fratello era sopravissuto al naufragio! Mossi cielo e terra per rintracciare i proprietari precedenti del medaglione, per arrivare fino a lui. Dovetti intrattenermi con un ladro alla berlina, nascondermi in un vaso gigantesco all’interno di un bordello, camuffarmi da pescatrice di perle, lucidare un quintale di palle da cannone, e … beh, per raccontare tutto ci vorrebbe molto tempo. Fatto sta, che alla fine mi riuscì di identificare la nave di mio fratello, e di lì le cose diventarono facili.
Dopo che ebbi stabilito che viveva su quest’isola, mandai una lettera per annunciare il mio arrivo, e poi intrapresi il viaggio io stessa. Alla fine del tragitto venni traghettata verso l’isola dal nostro bravo barcaiolo [puntare]. Oddio, bravo … – sempre che a pugnalare Ligorio non sia stato lui!
8 Barcaiolo: [ridacchiando noncurante] Vi ricordo benissimo, donna Grazia. Due giorni fa ero sulla terraferma, nella zona del porto. Violetta mi aveva chiesto di andare a ritirare il suo ventaglio, che aveva lasciato in una delle bische dei marinai. Sapete, si reca da quelle parti in missioni di carità, andando a portare conforto ai poveretti che perdono tutti i loro beni nel gioco d’azzardo. Angelo d’una fanciulla!
Quando voi, donna Grazia, scendeste da una nave e mi chiedeste come si arriva a quest’isola, per poco non mi sentii svenire! Eravate tutta attorniata da bauli e facchini, e coperta di vesti splendide. Credevo di aver a che fare con la regina in persona!
Ma torniamo a noi. Come ha detto Violetta, tutti ci stiamo chiedendo dove eravate, e cosa steste facendo, ieri pomeriggio, mentre vostro fratello veniva ucciso. Se non vi dispiace la domanda.
9 Sorella: Ci mancherebbe. E tra l’altro, affermo con piacere che Ligorio non l’ho ucciso io. Ieri mattina ebbi con lui una lunga conversazione. Dopo pranzo, ancora stanca dal lungo viaggio, andai a riposare nella mia stanza. Poco dopo le sette di sera venivo svegliata da urla e strilli che, come appresi poi, significavano che mio fratello era stato trovato morto.
Forse il dottore [puntare] vorrebbe darci un rendiconto del suo pomeriggio? Fummo tutti piuttosto sorpresi a trovarlo grondante di vernice rossa – almeno così disse lui – quando venne ad esaminare il cadavere …